venerdì 24 luglio 2020

L'arte che non esiste

Il teatro è l'arte che non esiste, è quell'opera d'arte che esiste nel momento in cui si manifesta e poi non c'è più. Anche se ci sono le repliche, saranno differenti, cambia sempre qualcosa: "L'ultimo giorno" che ha attraversato quattro repliche, lo abbiamo cambiato ogni volta e chi lo ha visto la prima, di fronte all'ultima era davanti ad un nuovo spettacolo, stesso soggetto ma cambiava il testo, cambiava la scena, le musiche, i dipinti che facevano la scenografia.

È diverso da un dipinto, l'incoronazione di Napoleone del David c'era 200 anni fa e c'è tutt'ora al Louvre, quando voglio posso vederlo: l'opera è lì davanti a me. Semmai esiste la letteratura teatrale che però è altra cosa rispetto alla recitazione, allo spettacolo, alla rappresentazione.

Questo porta ad una riflessione, in questo tempo fatto di tecnologia sempre più estrema, la presenza dello spettacolo è offerta dalla fotografia, dal video, dall'immagine. Essa è documentazione, non solo per la futura memoria ma anche e soprattutto per chi non c'era, per chi vorrebbe saperne di più e dunque l'immagine (io amo soprattutto quella fotografica) restituisce la verità scenica, l'attore non è necessariamente bello nella foto di scena, ma è reale, è la verità del personaggio, è la sua intensità, è l'espressione più alta della drammaturgia.

Certo, se una foto è brutta è brutta, ma cos'è una foto brutta? È uno scatto riuscito male, che non ci sta con gli equilibri, che non restituisce la "verità" scenica, non parla della storia, non trasmette emozione.
Dunque le foto migliori in scena non sono quelle in cui siamo tutti bei damerini ma quelle in cui emerge tutta l'intensità e il conflitto del personaggio, della narrazione, dell'insieme.

Quando saliamo sul palco non preoccupiamoci di essere belli, ma di essere veri.
Anche se non sempre la verità è bella.