mercoledì 17 aprile 2019

Il puntino sul foglio

Il pubblico è un giudice rigoroso.

Fra le osservazioni e le critiche costruttive che alcuni spettatori mi hanno manifestato dopo aver visto “L’ultimo giorno”, ce ne sono due apparentemente marginali ma che invece rivestono grande importanza; una è sul testo circa il prezzo del caffè servito al tavolino: un euro è troppo poco, fa da bettola di periferia e l’altra sull'interpretazione: sul telefonino che maneggio in scena ho i numeri degli amici memorizzati ma devo comporre quello della fidanzata.

Perché sono importanti questi appunti? Perché rivelano il grado di attenzione della platea, il suo coinvolgimento e partecipazione. Il pubblico si fa un “sua regia”, decide cioè dove far cadere la propria attenzione indipendentemente dalle scelte del regista, al contrario di quanto avviene nel cinema dove le inquadrature veicolano l’attenzione su ciò che vuole il regista.

Quando si scrive un testo e lo si mette in scena bisogna pensare come uno spettatore e magari far leggere il testo a persone fidate e attente. Malgrado però lo abbia fatto a suo tempo, queste due piccole disattenzioni ci sono sfuggite. Non hanno compromesso l’esito dello spettacolo, fortunatamente soddisfacente, ma sono diventate due puntini su un foglio bianco: alla fine l’attenzione cade su quelle due piccole imperfezioni e non sull’intero candore del foglio.

Per questo il lavoro del regista non è mai un lavoro finito, non si conclude con la messa in scena ma è un continuo lavorio di cesello che prosegue esibizione dopo esibizione e giorno dopo giorno.