mercoledì 13 novembre 2019

Il perdono


Fra amici e conoscenti e, più in generale, fra coloro che hanno ascoltato il podcast "Dopo" che ho scritto, diretto e interpretato con Vita Respina, ho notato un certo disagio; si tratta di un noir e tutti i noir sono spiazzanti, angoscianti e sovente toccanti. Ciò che ha turbato maggiormente è la frase centrale intorno a cui si annoda tutta la trama del racconto breve: "non posso perdonarti, se lo facessi ti perderei per sempre".

Il perdono è un atto di umanità, una rinuncia ad ogni vendetta, un gesto generoso pervaso di nobili sentimenti. Il perdono comporta spesso un travaglio interiore, un percorso complesso e articolato nell'animo di chi lo offre, talvolta è una forma di resa: si perdona più per non soffrire che per un senso di umanità, lo si affronta come un anestetico di fronte al dolore sofferto e succede anche che il perdono sia una forma di rassegnazione davanti a un torto che non si può vendicare.

Quali che siano i percorsi affrontati, le motivazioni, gli stati d'animo, i contesti e le condizioni, il perdono rimane uno dei gesti più affascinanti e delicati su cui poeti, cantanti e scrittori hanno composto eccellenti opere e non mancano saggi e trattati sull'argomento: dalla visione terapeutica a quella comportamentale, da quella religiosa a quella filosofica molto inchiostro è stato (spesso bene) versato.
Ivano Fossati ha collocato la parola alla fine di una bellissima canzone ad esso dedicata "L'amore fa" con il celebre passo finale "comprendere il perdono, l'amore fa." spiegando che un concetto di questa portata richiedeva un avvicinamento che passasse per l'amore.

Per parte mia ho cercato di mettere sul piatto un concetto che non ho mai sentito a proposito del perdono, magari lo hanno fatto altri prima di me e nella mia ignoranza non ne ero al corrente: il perdono inteso come legame che si crea fra chi espia la colpa e chi concede il perdono in un ruolo che produce una sorta di dipendenza che lega entrambi: chi espia, per liberarsi di una colpa, chi perdona, per esercitare un potere. La negazione nel caso specifico è un modo per praticare una forma di dipendenza sul "colpevole", perde la sua connotazione nobile e diventa a sua volta una forma di vendetta.